Ore 9.30
Saluto delle Autorità
S. Em. Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino e Presidente dell’Opera Barolo Dott. Silvio Magliano, vicepresidente del Consiglio Comunale di Torino, presidente del VSSP
Dott. Mario Barbuto, Presidente Corte d’Appello di Torino «Non sia dato per Carità quello che è dovuto per Giustizia» (Concilio Vaticano II, A.A.8) Ripartire dalla dignità umana.
Prolusione
S. Em. Card. Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi
Intervengono
Suor Ave Tago, Figlie di Gesù Buon Pastore Giulia di Barolo. Storia di una donna inquieta d’amore e del suo carisma.
Dott.ssa Tiziana Ciampolini, Opera Barolo Responsabili di un’eredità. Generare valore sociale ed economico per i territori.
Prof. Giorgio Chiosso, Università di Torino Educare per costruire capacità. Il coraggio di una donna alle periferie dell’esistenza.
Prof. Stefano Zamagni, Università di Bologna Per una carità delle opere che produca sviluppo.
Letture di brani e pensieri di Giulia di Barolo, Elena Cortese
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CONTENUTI
LA STORIA DI UNA DONNA INQUIETA D’AMORE “Partirei da chi era Giulia; dalla sua spiritualità, prendendo spunto da una affermazione di Papa Francesco: "Chiediamo al Signore che conservi nel nostro cuore, dell'amore, dell'inquietudine spirituale, di ricercarLo sempre, di annunciarlo con coraggio; l'inquietudine dell'amore verso ogni fratello e sorella". L'inquietudine d'amore di Giulia, nel cercare Dio, l'ha resa inquieta nell'amorosa ricerca verso ogni fratello e sorella. Da qui si è fatta Donna delle periferie (sempre per usare le parole del Papa). Periferie morali, materiali, culturali e spirituali. Qui si potrebbe fare il lungo elenco delle sue opere (anche il suo salotto è stato luogo di periferia). Giulia è testimone e maestra di laicità cristiana, di santità locale (santità: chiamata universale). Ha testimoniato e proclamato che il cristianesimo non mortifica la vita, ma la rende più degna, più bella. Umanesimo integrale: aperta alle nuove idee, insieme al marito Tancredi si impegnò in ogni ambito della realtà storica per animarla con il messaggio del Vangelo. Seppero leggere i segni dei tempi con intelletto d'amore, con l'acutezza profetica che viene dall'autentica carità. La sua vita: cosa dice oggi alle persone del nostro tempo? Mi hanno colpito due dimensioni soprattutto: 1) l'attenzione, la cura per le persone carcerate. Si parla spesso delle carceri, molto meno dei carcerati e delle carcerate. La pastorale dei "ristretti". Giulia non ha avuto la Grazia della maternità fisica. Cosciente di questo fatto, ha sublimato la sua sterilità fisica che la ha resa madre di tante figlie e figli”. Suor Ave Tago
NOI, EREDI DI UNA STORIA I 150 anni dalla morte di Giulia di Barolo diventa una occasione per tradurre (dall’etimo condurre oltre) l’eredità dei Marchesi, i cardini del loro pensiero e della loro azione poggiata sulla cooperazione pubblico-privato, sulle connessioni internazionali, sullo sviluppo del potenziale umano. La Carità nel senso pieno e vero del termine era il perno della loro azione. Giulia di Barolo, non faceva la carità, era Carità. Noi abbiamo logorato la parola Carità, ma raccontando di lei, oggi, abbiamo una grande possibilità: se la Charis è la presenza della grazia di Dio che noi possiamo trasmettere attraverso nostre azioni, allora se trasmetteremo bene il suo messaggio anche noi saremo charis e non faremo carità. Giulia Colbert e Carlo Tancredi di Barolo furono una coppia extra-ordinaria, appassionata di cultura, arte, politica, economia, pedagogia e di promozione dell'umanità. Progettarono interventi pedagogici, sociali e politici, gestirono patrimoni e produssero valori: non tennero nulla per sé, condivisero tutto con le parti alte e con quelle più povere della nostra città. Quell’intreccio di passioni e di interessi è per noi ancora profetico nel raccontarci come possiamo prenderci cura della città: solo connettendo valore sociale, economico, culturale e politico è possibile contribuire allo sviluppo delle persone e dei contesti. Solo attraverso un agire orientato alla progettualità politica e ad una capacità di management è possibile ampliare le possibilità perché le persone, i loro contesti di vita e territoriali possano crescere e fiorire.
Non ebbero figli ma dimostrarono grande capacità di generare, lasciando il loro patrimonio culturale ed economico alla città e al Paese. Giulia fondò l'Opera Barolo perché fosse l'erede universale di questo patrimonio, assumendosene la responsabilità perpetua. Inventò strategie di management perché le proprietà fossero gestite come un bene comune: per un triennio l'Opera sarebbe stata amministrata dalla più alta carica civile, per il triennio successivo dalla più alta carica ecclesiale e così a rotazione. La buona gestione patrimoniale è - secondo Giulia di Barolo - lo strumento per produrre risorse per mantenere il patrimonio che a sua volta diviene volano e il generatore di benessere sociale per la collettività. Infatti la missione dell’Opera è sostenere, mettendo a disposizione il patrimonio immobiliare istituzionale, attività continuative che abbiano come centro la promozione umana, in particolare delle fasce di popolazione più svantaggiate. Nei 150 anni dalla morte della Marchesa e dalla fondazione dell'Opera Barolo, raccontare di un sogno e di un progetto è il dono che possiamo fare alla città come testimonianza della responsabilità assunta nei confronti della buona gestione dell’eredità consegnata da Giulia di Barolo.
IL VALORE DI UN CARISMA DENTRO LA STORIA CHE STIAMO ATTRAVERSANDO Per andare oltre la crisi occorre costruire visioni e direzioni di lavoro che consentano di concretizzare nuovi processi culturali e di nuovi interventi di sistema di contrasto ai processi di impoverimento in corso. In un tempo di diminuzione delle risorse e di aumento di persone in situazione di bisogno è utile il superamento del concetto di assistenza e beneficenza per promuovere pratiche che sviluppino e investano nelle capacità delle persone e dei contesti. Di fronte ad un cambiamento di epoca che chiede di fornire risposte efficaci e rilevanti ai problemi che le persone si trovano ad affrontare, si tratta di cambiare le domande, chiedendoci: “quali capacità ha questa persona e questo contesto?” “Cosa possiamo fare noi per potenziare queste capacità?” “Quali capitali di capacitazione possiamo condividere con le persone in difficoltà perché possano farcela a migliorare la propria posizione?” (Amartya Sen, Martha Nussbaum, Capabilities Approach). La condivisione di risorse per lo sviluppo delle persone, delle organizzazioni, delle comunità è un tema di centrale importanza in un momento in cui siamo coinvolti in una fase storica che ci vede fragili come sistema paese per l’incapacità di inventare nuove soluzioni e per eccesso di affezione alle nostre routine. Occorre mettere gli accenti giusti sulla situazione italiana: ll nostro non è un Paese povero in termini di ricchezza economica. E‘ un Paese povero di progetti di sviluppo replicabili che producano cambiamenti rilevanti di cui si possa godere in molti e che generino speranza per noi e per le generazioni future. Il nostro è un Paese ingiusto perché l’allocazione diseguale della ricchezza genera impoverimento della nazione, della sua credibilità e affidabilità. Per tale motivo diventa importante: muoverci dalle nostre routine consolidate (di pensiero, di azione, di gestione) per inoltrarci con coraggio e audacia in pratiche che avvino processi e dinamiche nuove. Impegnarci per la ridistribuzione delle risorse, ripartendo da chi ha di meno. Ripartire da lì per assistere chi non potrà farcela e per investire nelle capacità di chi non ha patrimoni economici e relazionali sufficienti per raggiungere gli obiettivi che i suoi talenti potrebbero consentirgli. Investendo con slancio, al contempo, nella promozione di capacità collettive e potenziamento del funzionamento dei contesti territoriali. Meno parti del Paese rimarranno indietro più esso sarà in grado di irrobustirsi e competere sul piano internazionale, manifestando in pienezza il proprio valore. Per realizzare davvero la promozione umana è necessario un passaggio culturale: l’efficacia dei processi è subordinata alla creazione di patti di reciprocità, per condividere e far circolare i patrimoni di capacitazione, nutrendo lo sviluppo di ciascuno e di tutti.
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